Il Museo del Costume, aperto permanentemente dal 1976 con il nome di Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde, è il maggiore Museo Etnografico della Sardegna.
Dopo una profonda revisione tematica e attenti lavori di ampliamento e di riqualificazione strutturale ed espositiva, il Museo del Costume viene riaperto al pubblico il 19 dicembre 2015.
La nuova struttura offre una rappresentazione generale della vita tradizionale dell’Isola, dal lavoro alla festa, attraverso la testimonianza dei modi dell’abitare e del vestire, dell’alimentazione, della religiosità e dell’immaginario popolare. Una straordinaria esperienza culturale proposta attraverso gradevoli ambientazioni e la visione degli oltre 5.000 oggetti esposti.
La visita si articola attraverso dieci sale tematiche e prende avvio con la prima sala che costituisce una introduzione alla Sardegna con la time-line degli avvenimenti che l’hanno interessata dalla preistoria al 1950. Nella stessa sala un video-wall mostra filmati e immagini dedicati alle diverse forme del paesaggio rurale, costiero e montano dell’isola.
La seconda sala affronta i temi della nascita dell’etnografia e del collezionismo in Sardegna.
Le tre sale successive riguardano le principali attività produttive della Sardegna tradizionale attraverso grandi vetrine-diorami con ricostruzione di scene simboliche.
Un’apposita vetrina racconta le attività domestiche legate alla molitura e alla produzione dei pani mentre un’intera sala è dedicata all’esposizione di circa 350 pani tradizionali provenienti da tutta l’Isola.
Attraverso un ambiente dedicato alle tecniche di tessitura si arriva alla settima sala nella quale, in apposite vetrine e cassettiere, sono esposti strumenti, e manufatti della tessitura tradizionale.
Il piano superiore è dedicato alla straordinaria raccolta di abiti tradizionali sardi disposti in una grande vetrina a formare un corteo processionale che introduce agli spazi e agli ambienti circostanti i santuari campestri con la ricostruzione di una cumbessia. L’arrivo dei pellegrini e le attività relative alla festa sono rappresentate in una vetrina dedicata al dipinto Grande Festa Campestre, omaggio all’opera del grande pittore Giuseppe Biasi.
Nella sala IX si giunge idealmente alla cappella del santuario, un ambiente-vetrina che espone oltre 450 tra gioielli e amuleti disposti a contorno di immagini sacre, arredi e oggetti liturgici in una suggestiva ricostruzione che offre testimonianza della straordinaria devozione dei fedeli che accorrevano numerosi.
Il percorso espositivo termina con la sala dedicata al Carnevale barbaricino, ora completamente rinnovata ma presente fin dal 1983, aveva costituito una novità regionale e nazionale nell’ambito delle esposizioni museali permanenti. I manichini abbigliati con indumenti tipici, con le loro maschere facciali lignee, i campanacci e le pelli di pecora, costituiscono un esempio della persistenza di una serie di manifestazioni che affondano le radici nelle vicende lontane dei popoli del Mediterraneo.
Altri manichini in abiti carnevaleschi di diversa tipologia simulano una danza al suono dell’organetto come avveniva e tuttora avviene durante le manifestazioni del Carnevale in tutta l’isola.
All’interno di alcune vetrine sono messi in mostra diversi strumenti musicali tradizionali.